
Ecco una notizia passata in sordina: la Philip Morris dichiara che smetterà di produrre sigarette.
Stiamo parlando della Philip Morris, proprietaria di brand come Malboro, Diana, Chesterfield, Merit, insomma buona parte dei nomi più noti di sigarette.
E quando un colosso del genere abbandona il suo prodotto di punta, qualche domanda bisogna farsela.
La situazione attuale
Si sa che le sigarette fanno male. Le campagne contro il fumo a livello mondiale ne sono una prova, ma ancora oggi tanti minimizzano la loro pericolosità. Sopratutto i giovani, che vedono le campagne contro il fummo più come crociate contro le multinazionali che come campagne per la salute.
I produttori, del canto loro, sono stati costretti ad un “mea culpa”, ma senza farne drammi. Del tipo “si fanno male, ma non più di altro”.
La realtà è che sono alla continua ricerca di nuove fette di mercato. Che poi saremmo noi, anche se il bersaglio delle loro campagne rimangono sempre loro: i giovani.
La nuova politica
“Sappiamo che i nostri prodotti causano danni ai consumatori e l’unica reazione corretta per un’azienda è trovare e commercializzare prodotti meno dannosi. Questo è il nostro obiettivo.”
Le parole dell’amministratore delegato sono proprio…parole da amministratore delegato. Si parla di prodotti più o meno dannosi e di consumatori, in una logica tutta aziendale. Evidentemente non è mai stato in un reparto di pneumologia…
Ma vediamo il bicchiere mezzo pieno!
La loro proposta è una sigaretta che non brucia. Con una riduzione delle sostanze nocive del 90%. Che è già un ottimo risultato effettivamente, e non ci saremmo aspettati meno da un investimento da circa 3 miliardi di dollari.
La speranza è che quel 90% si tramuti in un 90% di patologie in meno.
E che non passi un ragionamento del tipo “se prima potevo fumarne una, adesso dieci!”.